venerdì 28 febbraio 2014

Verso le elezioni Europee

Come tutti noi sappiamo fra poco più di 100 giorni saremo chiamati a votare per l'elezione del parlamento Europeo. Fra le varie liste che potremo votare, su due vorrei soffermarmi oggi: quelle di sinistra.
Da un lato c'è il PSE (partito socialista europeo) guidato da Martin Schulz (ai più noto come il "kapo" protagonista di un poco simpatico siparietto sempre al parlamento europeo con Berlusconi - da ieri ufficialmente appoggiato dal PD), e dall'altra parte c'è la Lista Tsipras, guidata da, appunto, il leader di Syriza, la forza della sinistra radicale greca, l'unica che sta cercando, e in qualche modo riuscendo, a limitare l'avanzata dei nazisti di Alba Dorata.

Ieri sono stato a Piazza di Pietra, per un flash mob organizzato dalle socialiste europee. A destra potete vedere le foto della giornata di ieri.


Martin Schulz


E' attualmente il presidente del Parlamento Europeo, ed in precedenza aveva rivestito la carica di presidente del gruppo parlamentare dei progressisti.
A 32 anni diventa sindaco, e a 36 anni fu eletto membro del consiglio nazionale del partito. Otto anni dopo entro nel direttivo nazionale del SPD. Poi sempre nel 1999 (cinque anni dopo essere stato eletto deputato europeo) diviene capolista dell'SPD nelle elezioni europee (una carriera veloce, simile a quella di qualcuno che noi già conosciamo).


Alexis Tsipras


Se ho osato avvicinare Schulz a Matteo Renzi, be' c'è da dire che a maggior ragione dovrei avvicinare Renzi a Tsipras. Anzi, le somiglianze con il greco sono molto più numerose rispetto a quelle con il tedesco.
Tsipras si laurea in ingegneria, ma già da adolescente si schiera nelle fila dei Giovani Comunisti Ellenici, per poi entrare a far parte del Synaspismos, dove nel 2004 viene eletto nel Comitato Politico Centrale, a 30 anni.
Nel 2008 diventa presidente del partito, e nel 2009 si presenta con Syriza, prendendo il 4, 6% di preferenze, entrando nel Parlamento Greco.
Dopo aver preso il 16% dei voti alle elezioni del 2012, ed avendo dovuto rinunciare all'incarico di formare un nuovo governo a causa della frammentazione del parlamento greco, alle elezioni del giugno 2012 riceve il 26% dei voti, arrivando secondo. Una scalata elettorale quasi senza precedenti.
A Madrid, nel consiglio della sinistra europea, viene scelto come candidato per le Europee per la sinistra con l'84% dei voti.

Quali sono però le differenze tra i due candidati? Perché, se sono entrambi di sinistra, si candidano in schieramenti diversi (non una novità per la sinistra europea)?
Fondamentalmente le idee sono le stesse, di fondo (e ci mancherebbe altro). Entrambi si sono schierati contro l'austerity, ed entrambi non hanno interesse a distruggere l'euro e l'eurozona, bensì vogliono riformare l'Europa in quanto tale. 
Su internet ho però trovato difficoltà a trovare il programma del PSE, come ovvio che sia, visto che fino al primo Marzo sono a Roma per decidere sul da farsi. Su internet invece è presente il programma della lista Tsipras, che in breve si concentra su una totale riformulazione dell'Europa, della BCE, in modo che presti i soldi agli stati, e non alle banche; contro la morsa nociva dell'austerity, che ha portato ai risultati che abbiamo sotto gli occhi; frenare la speculazione degli intermediari finanziari (riproponendo una legge statunitense del 1929, promulgata dopo la grande crisi); Tsipras chiede inoltre che le "locomotive" dell'Europa si interessino ed aiutino i paesi più in difficoltà, perché andando avanti in questa prospettiva, l'Europa non può che crollare su se stessa. 
Insomma, un programma da sinistra, vero. Un programma che vede le decisioni politiche come protagoniste, non come è successo fino ad ora, dove l'economia l'ha fatta da padrona. Tsipras aggiunge che non bisogna aspettare che la crescita riprenda da sé, ma bisogna invece creare una grande piano di lavoro europeo, atto a ristabilire livelli di piena occupazione nel vecchio continente.

Schulz, come già detto, non ha ancora un programma definito da analizzare, ma, per concludere questo articolo, voglio ricordare che il suo SPD è entrato pochissimi mesi fa nel governo di coalizione con Angela Merkel, e le reazioni si sono già fatte sentire. Schulz ha affermato che non è disposto a criticare la politica della Merkel tout court, per principio. Un'affermazione che potrebbe volgergli contro.

Un fatto balza agli occhi: anche in momenti di forte crisi, la sinistra si divide. Sempre. Che sia fisiologico?

Federico Sconocchia Pisoni





Ombrelli Rossi per il Flash Mob delle socialiste a Piazza di Pietra © Federico Sconocchia Pisoni


mercoledì 26 febbraio 2014

Finalmente Premier

E' fatta: Matteo Renzi è diventato Presidente del Consiglio dei Ministri. Prima di tutto, vorrei ricordare un po' di numeri e date sul personaggio.
Nato a Firenze nel 1975, nel 1999 diventa segretario provinciale del Partito Popolare Italiano, a 24 anni. Nel 2004 diventa presidente della provincia di Firenze, a 29 anni. Nel 2009 diventa sindaco di Firenze, a 34 anni, nel 2013 segretario del Partito Democratico, e nel 2014, il più giovane premier d'Italia, a 39 anni. 

La giornata di ieri non è stata facile per Matteo Renzi, che ha dovuto ripetere il discorso per la fiducia alla camera, tenendo conto delle accortezze, suggeritegli sotto forma di aspre critiche, dalle opposizioni, ma anche dalla maggioranza. La disinvoltura del personaggio non è piaciuta al palazzo, alla casta, ma neanche ai giornali, che hanno marcato l'accento sulla mano in tasca, o su altri atteggiamenti poco convenzionali. Ma lui non poteva certo esprimersi come si esprimevano altri premier del passato. Già è tanto che sia arrivato fino a lì in quel modo, ora non può tradirsi subito improvvisamente dopo che per anni si è considerato il "rottamatore". 
Durante il discorso (che ha fatto a braccio, senza nulla o ben poco di scritto), non si è riservato di fare battute sul Movimento Cinque Stelle, ma ha anche voluto aprire ai pentastellati, con lo scambio di bigliettini fatto con Di Maio, in cui, sostanzialmente, Renzi cercava ancora una volta di aprire una porta, di costruire un ponte con i grillini, i quali però non hanno, ovviamente, accettato. E anzi, come c'era da aspettarsi (e come sapeva benissimo Renzi) hanno pubblicato tutto online. 
Ancora una volta hanno fatto il gioco del segretario democratico, che è passato ai più come colui che effettivamente vuole fare quelle riforme fondamentali per il paese con l'aiuto di tutti, non solo di Berlusconi, e tenendo conto delle critiche di tutti. Ma allo stesso tempo fa passare il messaggio che è impossibile fare ciò per l'arroccamento ingiustificato dei grillini che non si capisce bene a che gioco stiano giocando.
Ovvero, si capisce alla perfezione il loro gioco, spingere fino alla disperazione il paese per poter governare, ma credo (anzi, spero) che con Renzi ciò non potrà accadere. Perché checché se ne dica, Renzi rimane sempre il rottamatore, o meglio, colui che si pone contro il palazzo, contro la lentezza della politica, e da sindaco vuole, e deve, aiutare la gente. Il lavoro sarà arduo, ma se si comporterà come si è sempre comportato, se non finirà questa sua spinta propulsiva verso il cambiamento, be', probabilmente nei prossimi anni assisteremo ad un ennesimo ventennio di protagonismo. 
Non so dirvi se sarà positivo o meno, o almeno, quanti lo reputeranno positivo e quanti no (salvo che appunto accada, ovviamente), ma c'è un'alta probabilità che la storia vada verso quella direzione.

Nella giornata di ieri molti commentatori hanno detto che i veri protagonisti sono stati Bersani e Letta, i due sconfitti, applauditi dal palazzo (soprattutto Bersani, ma non perché riconosciuto in quanto "casta", piuttosto credo per il fatto di essere tornato dopo il preoccupante intervento a cui si è dovuto sottoporre al cervello). Altri si sono lamentati con Renzi per aver parlato troppo ai telespettatori a casa e poco ai deputati lì presenti (come era successo nel discorso al senato), ed è vero, ma è proprio quello che voleva fare il fiorentino. 

A Ballarò ieri sera, Floris intervistando Renzi, ha chiesto al neo-premier se ci si sarebbe più fidati della sua persona, dopo la vicenda degli hashtag "#enricostaisereno" et similia. Renzi si è detto certo che nel futuro prossimo verrà resa nota la storia che ha portato lui a diventare premier, perché, afferma, qualcuno ha spinto sull'acceleratore affinché destituisse Letta e diventasse premier. Non so se essere particolarmente preoccupato da questo fatto o prenderla più alla leggera, perché letta in questa maniera potrebbe davvero significare di tutto. Potrebbe avere ragione Grillo riguardo le lobby al potere (e questo si collegherebbe all'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che in america un po' di problemi collegati alle lobby di potere li sta portando), come potrebbe essere semplicemente un atto di responsabilità visto lo stallo del governo, che non riusciva più a fare nulla. Ma probabilmente la verità è un'altra: in questo momento sono parecchio preoccupato, perché forse in questi giorni più che mai si stanno decidendo le sorti di questo paese, riguardo varie tematiche, politica, potere, europa. Ricordo che se Renzi fallirà in questa sua esperienza, probabilmente non ci saranno più ostacoli non solo per i cinque stelle, ma anche e soprattutto per l'anti-europeismo. E se i legami con l'Europa diverranno sempre più fragili -o peggio porteranno ad una clamorosa, quanto credo improbabile, uscita dalla zona euro- allora saranno veramente guai. Questo potrebbe essere il vero motivo per cui Renzi ha spinto l'acceleratore, evitare cioè che il 25 maggio le forze anti-europeiste dilaghino. Purtroppo nessuno di noi ha la palla di vetro, e tocca stare alla finestra ad aspettare che il tempo ci porti informazioni sul passato.

Ma forse sarà troppo tardi.

Federico Sconocchia Pisoni.

martedì 25 febbraio 2014

La fiducina Renzi

Renzi ieri ha incassato la fiducia. Più che fiducia, fiducina. 169 sì contro 139 no. Letta, dopo l'uscita dalla maggioranza di Forza Italia, aveva avuto quattro voti in più.

Ma Renzi è fiducioso, e pronto: 



Ok il Senato, adesso la Camera. Poi si inizia a lavorare sul serio.Domani scuole, lavoratori,imprenditori,sindaci a Treviso.

 questo il suo ultimo tweet.


Quello che doveva chiarire, lo ha chiarito subito nel suo discorso. Non è andato alle elezioni, dice, perché con la legge elettorale formulata dalla corte costituzionale, si sarebbe tornati ad una situazione di stallo, e ciò non era ammissibile in una situazione drammatica come la nostra. Renzi risponde anche ai Cinque Stelle, dicendo loro che il PD non si è mai tirato indietro quando ci sono state le elezioni, e anzi, come dimostrano le ultime regionali, spesso le ha vinte. 

Già da qui si intuisce che non è stato un discorso "istituzionale", bensì si avvicinava più ad un comizio elettorale. Come al solito ha attaccato i grillini, ma ha attaccato anche il "palazzo", che lui ha sempre combattuto (sebbene ora per lui sia più difficile attaccare un'istituzione di cui fa parte).

Il secondo punto del suo programma tocca l'Europa. 



Nella tradizione europeista sta la parte migliore dell'Italia

 Renzi auspica che in un futuro prossimo l'Italia sia a capo politicamente dell'Europa. E' sempre più evidente che sia ormai un comizio elettorale. Spesso si scaglia contro i suoi avversari politici, il Movimento Cinque Stelle, prendendo posizioni esattamente all'opposto di quelle prese dai grillini, e spesso li prende anche in giro. E' vero, lui ora è "passato dall'altra parte" ma è l'unico che ha avuto il coraggio di sporcarsi le mani, mentre i grillini hanno avuto paura. 

Più che chiedere la fiducia, ha elencato punto per punto le cose che vuole fare, quasi non tenendo conto della maggioranza che ha. A dire la verità, un po' ne ha dovuto tener conto, per esempio sulla giustizia, dove è stato piuttosto vago. Ha parlato molto da sindaco, dei problemi della giustizia che più toccano la gente da vicino, citando molti esempi concreti, come è nel suo stile, ma non è andato al nocciolo della questione.
Perché sì, agli occhi della gente sembra che il suo governo sia più una sorta di consiglio comunale, dove i ministri diventano assessori, ma la linea la decide sostanzialmente e soltanto il leader, il sindaco, il premier. Non possiamo sapere quanto possa essere efficace questo metodo, forse potrebbe funzionare, forse no, ma è chiaro che abbia scelto delle persone alquanto anonime, e quasi prive di personalità (o almeno con molta meno personalità rispetto ai ministri del recente passato). Viene da pensare che le abbia scelte quasi come prestanome.

Ha toccato poi molti altri temi, che direttamente od indirettamente già sappiamo, quali scuola, riforme, pubblica amministrazione (vuole fissare un tempo determinato per i dirigenti nella PA). Sostanzialmente non ha aggiunto molto di nuovo.


Quello che mi viene da dire, è che nel suo discorso-comizio, non ha mai strizzato l'occhio al Senato, ha fatto capire chiaramente che le cose che ha deciso di fare le farà e basta, senza mezzi termini, e qualora gli venisse impedito, saranno loro a vedersela con gli italiani. E' ovvio pensare che Renzi voglia passare da martire alla fine di questa sua esperienza. E paradossalmente un suo fallimento potrebbe garantire una vittoria alle prossime elezioni.


Ma anche quando si sbaglia, bisogna sbagliare bene.


Federico Sconocchia Pisoni





P.S.: Ieri a "Speciale Ballarò" Scalfaro ha fatto outing, sostenendo che Renzi ha silurato Letta nel momento in cui stava cominciando a far vedere qualcosa di positivo. Sarà vero? Non sarà vero? Il dubbio sorge, ovviamente, e farebbe di Renzi un politico "vecchio stile".

lunedì 24 febbraio 2014

Twitter Renzi. Renzi attraverso i tweet.

Che Renzi sia giovane, è fuor di dubbio. E che usi twitter, oltre che essere un segno distintivo anche della sua generazione, non è una novità. Dunque ho deciso di analizzare questi scarsi dieci giorni che hanno segnato l'ascesa del giovane ex-sindaco di Firenze attraverso i suoi tweet.


Questo è il tweet che Matteo Renzi ha lanciato in rete dopo il voto della direzione PD che ha costretto alle dimissioni Enrico Letta. Per gli amanti del passato, questo tweet non può che ricordare le parole di D'Alema, "un paese normale", il D'Alema tanto disprezzato da Renzi, nella prima fase "rottamatrice".
D'Alema nel 1995 scrisse un libro (assieme a Gianni Cuperlo) in cui descriveva il suo anno da segretario del PdS, che a suo modo era anche un manifesto, un manifesto della sinistra un po' atipico. Di fatti le parole chiave erano "tranquillità" "sicurezza" "normalità" "stabilità", un gergo non molto familiare alla sinistra pre-1989 (e che, possiamo affermarlo con tranquillità, non sarebbe piaciuto a chi la sinistra l'ha inventata, Karl Marx).
D'Alema si scagliava in quel periodo contro il "nuovismo" a tutti i costi, auspicando un'Italia, appunto, normale, affermando che "Il vero cambiamento e' quello che ha radici, e un legame, con il passato".

Renzi, almeno a parole, rappresenta totalmente il contrario, e in quel tweet esprime tutta la sua vena innovatrice. Almeno nell'uso dell'hashtag.


Questo è il famoso tweet dopo l'altrettanto famoso quarto d'ora di intenso dialogo fra Renzi e Grillo, durante le consultazioni. Dell'avvenimento ne ho già parlato qui, ma, come mi sono ripromesso. oggi intendo analizzare il tweet in sé. 
E' uno dei tweet più politici mai scritti da Renzi, che, senza mezzi termini, punta all'elettorato deluso dai cinque stelle. Ma d'altronde non era una novità, e Grillo gli ha forse servito, con quell'appuntamento streaming, l'assist del secolo. 
Li considera amici i "nemici", una mossa per lui usuale. Spesso ha difeso la sua politica di cercare di prendere i voti degli avversari (come si dovrebbe fare in politica, del resto), andando severamente contro chi la pensasse in maniera differente, andando contro la "superbia" della sinistra.
Infine, da considerare è l'ultima frase "vi prometto che cambieremo l'Italia, anche per voi". Nulla di nuovo, ma in queste poche parole è insita tutta la supponenza (genuina? Non genuina?) del leader toscano, che è certo, come sono certi i suoi conterranei, di poter fare un ottimo lavoro in questa sua esperienza romana.
Ai posteri l'ardua sentenza.


Eccolo qui il primo tweet da premier (ancora in cerca della fiducia). Una sorta di ringraziamento a chi gli è stato sempre vicino. Renzi non nasconde la difficoltà del compito, ma allo stesso tempo è sicuro di potercela fare, come? Come nel primo tweet, con la semplicità. Non mi ci sono soffermato abbastanza prima, ma questo è il termine che più può contraddistinguere l'operato renziano. Spesso lo abbiamo sentito parlare di semplicità: semplificare la burocrazia, semplificare il dibattito politico, e via discorrendo. 
C'è anche una buona iniezione di fiducia, "ce la faremo" dice, e perché? Perché siamo l'Italia, semplicemente (verrebbe da dire). 
Il tweet in sé è di una semplicità e banalità quasi mostruosa, un tweet che riesce a far capire, non dicendo nulla di "politico", che lui le idee ce le ha chiare, sa come cambiare il paese e lo farà. Uno dei punti di forza di Matteo Renzi, la comunicazione.














Non c'è molto da aggiungere a questo tweet. Per l'ennesima volta ricorre il termine "semplice" nella forma avverbiale. Non me la sento di dire che è un modo per puntare al cuore della gente, scosso ancora dalla vicende dei due marò. E' la prima volta da premier che introduce uno dei punti del suo governo: liberare i marò. Facendo, semplicemente, di tutto. Ma servirà fare soltanto "semplicemente" di tutto? Forse le cose sono un po' più complicate di come appaiono.




L'ultimo tweet che andrò ad analizzare è questo, in cui Renzi ci dice che sta lavorando con il suo amico Delrio ai dossier (chissà quali poi). Questa volta non c'è spazio per la semplicità, ma soltanto con metodo, come se tutti i politici arrivati fino ad ora (da vent'anni a questa a parte, almeno) avessero sbagliato soltanto perché avevano sbagliato il metodo. Una visione verrebbe da dire Comtiana, positivista. Se si azzecca il metodo, si risolvono i problemi, la questione è tutta lì. 
"Concretezza da sindaci". Finalmente esplicita il perché della sua supponenza, e spiega la "semplicità" che aveva contraddistinto i suoi tweet precedenti. Secondo un semplice sillogismo, i sindaci stanno vicino alla gente e riescono a risolvere i problemi, io sono sindaco (come Delrio), io risolvo i problemi. Sì, questo può essere giusto, ma io che abito a Roma vedo che i sindaci (almeno quelli delle grandi città) difficilmente riescono a risolvere i problemi. Ma non perché non ne abbiano voglia (spesso è stato così), ma semplicemente, perché la realtà è più complessa di quanto la si voglia vedere.
E allora, caro Renzi, basta "annunci spot", e al lavoro. Con metodo, semplicità e concretezza da sindaci.

E che Dio ce la mandi buona.


Federico Sconocchia Pisoni

sabato 22 febbraio 2014

Pier Carlo Padoan, il "neo-keynesiano"

Pier Carlo Padoan è stato nominato Ministro dell'Economia del Governo Renzi. La prima domanda che giornalisti, radio, cittadini (i più interessati) e web si son fatti è stata: scelto da Renzi o da Napolitano?

E via congetture varie, grillini impazziti che non vedevano l'ora di proclamare il "Napolitano III". Sì, forse (molto più di un forse visto che Renzi e Padoan non si sono neanche mai visti, dunque non si conoscono), è stato scelto da Napolitano, che ultimamente ci azzecca parecchio con i tecnici all'economia.


Però no, Padoan non è un tecnico. Ha lavorato con D'Alema, Amato, e quindi ha anche una formazione politica... e che formazione.


Ma tralasciando queste inutili congetture, che cosa ha in mente di fare il neo-ministro Padoan?



Il neo-keynesiano


John Maynard Keynes è il principe dell'economia del dopoguerra, e fermo oppositore dell'economia classica che aveva portato al disastro economico del 1929. Sostanzialmente affermava, prove alla mano, che il libero mercato non era in grado di ritrovare l'equilibrio da solo (a quanto pare tale lezione dagli anni '80 a questa parte non è stata imparata: meglio guadagnare subito, a chi importa che fra qualche anno saremo dei morti di fame? Piatto ricco mi ci ficco)


Dagli anni '60, però, le teorie keynesiane (riprese anche dal buon vecchio zio Benito) sono state abbandonate, e dopo la debacle del tatcherismo tornate di moda, con le giuste differenze.



E in tutto ciò Padoan?


Padoan, a detta di molti, è considerato un neo-keynesiano. Ma in cosa consiste questa sua "fede"? Quali sono le sue proposte?



  • Abbassare il costo del lavoroE' qualcosa di cui tutti stanno discutendo da sempre, ma nessuno, come da buona tradizione italiana, ha mai cambiato. Un passo decisivo per rilanciare l'economia è abbattere il cuneo fiscale, ovvero la differenza fra quanto il dipendente costa all'impresa e quanto guadagna di salario netto (in parole povere, abbassare le imposte sul lavoro). 
  • Più concorrenza. Prerogativa è quella di togliere le barriere "nazionali" che impediscono la liberalizzazione (e quindi secondo un'ottica liberista e non certo keynesiana) per creare un mercato più efficiente. Come appena detto, questa sembra essere una prerogativa più liberista, thatcheriana, che keynesiana.
  • Privatizzazione del pubblico. E qui è chiaro il legame con Renzi (noto Blairiano). Padoan ha in mente di privatizzare il settore pubblico per, come esplicitato nel punto precedente, creare più concorrenza, aumentare la produttività e rendere tutti più felici (guarda se mi devo trovare d'accordo con Grillo...)
  • Patrimoniale. Sì, è favorevole ad una patrimoniale. Ma inutile dire che non verrà fatta una patrimoniale in questo governo, possiamo starne certi.

Rileggendo i punti posso trovarmi d'accordo quando si intende abbattere il cuneo fiscale, ma non basta solo quello per rilanciare un'economia malsana quale è quella nostrana. L'argomento delle liberalizzazioni è sempre stato controverso, e male gestito, ed è additato come causa principale della crisi del 2008, dunque una strada non percorribile. 

Le tesi che sono state completamente rigettate sono quelle della decrescita. Si tende sempre e comunque a creare più offerta di moneta, a dare più soldi alla gente, ad incrementare il PIL. Perché? Non è stato abbastanza chiaro che in un mondo sempre più democratico (e con questo intendo dire sempre più indirizzato ad una uguaglianza sociale mondiale) come si sta dimostrando dappertutto (Grecia, Brasile e ultimamente Ucraina), non si può più puntare alla ricchezza (che porta necessariamente ad una disuguaglianza sociale, che potrà essere in un primo momento bassa, ma che poi si amplierà sempre più)?


No, evidentemente non è chiaro.



Federico Sconocchia Pisoni

venerdì 21 febbraio 2014

Finanziamento pubblico ai partiti: quando in Italia si considera solo l'eccezione

Non ci sarà più il finanziamento pubblico ai partiti. Dopo circa vent'anni il volere del popolo è stato esaudito.
Aspettate però, in realtà ci sono ancora tre anni per spendere e spandere. Che si sbrigassero!

A parte le battute, la legge che vieta il finanziamento pubblico ai partiti è stata varata. Quindi i grillini hanno ottenuto quello che volevano, finalmente!

No, i grillini in realtà hanno protestato. Tanto per cambiare. Si lamentano perché questa legge verrà messa in atto nel 2017. Giustamente, aggiungo io. Se bisogna fare una legge, che si faccia per bene.

Ma riguardo tutta questa faccenda, sono molto più che scettico. Sono scettico perché in questo paese vengono sempre prese come norma le eccezioni, quando invece sono, appunto, eccezioni. In nessun paese civile del mondo è stato abolito il finanziamento pubblico ai partiti. Come non è stato mai abolito il finanziamento pubblico ai giornali, cosa che ancora, per fortuna, in Italia non è successa.

Cosa succede all'estero.


Francia


In Francia il finanziamento pubblico ai partiti è diviso in due tranche. Nella prima tranche il finanziamento viene attribuito ad ogni formazione che abbia presentato dei candidati che abbiano ottenuto almeno l'1% dei voti in almeno 50 circoscrizioni.
Nella seconda tranche è proporzionale al numero di parlamentari che si dichiarano iscritti a ciascun partito.


Germania


Viene stabilito a monte un tetto massimo complessivo, ed a ogni partito vanno 70 centesimi per voto conquistato alle elezioni.

Gran Bretagna


Anche in Gran Bretagna, checché se ne dica, c'è una sorta di finanziamento pubblico ai partiti, un tetto massimo destinato ai partiti che sono all'opposizione, a seconda del loro peso politico.

USA


Negli Stati Uniti, come è ben noto, sono i privati che danno il maggiore contributo ai politici. Questo sistema ha portato a crescenti lamentele nel paese, perché vedrebbe i politici schiavi delle lobby che li finanziano. Sarà contento Beppe Grillo. 
Detto ciò c'è anche un piccolo finanziamento pubblico, durante la campagna elettorale.


Ora, è ovvio che i partiti abbiano esagerato negli anni, e le recenti inchieste non fanno altro che provarlo. Sono pienamente d'accordo con SEL quando dice che è stata persa un'occasione per riformulare la legge in materia.  

Di fatti, in un paese intelligente, si sarebbe reagito in un modo intelligente a questi scandali.

Ma questo forse, non è un paese intelligente. 


Federico Sconocchia Pisoni

giovedì 20 febbraio 2014

Gli idealisti Don Civati e Sancho Grillo

Renzi, dopo il grandissimo incontro con Grillo ieri, e il vertice di maggioranza con NCD, Centro democratico, Scelta civica ed altri cinque gruppi, si appresta ad essere incaricato premier. Ma subito arriva il freno di Civati: noi la fiducia non te la votiamo. La chiameranno la rivolta dei 16.

Subito le testate giornalistiche (che già da tempo proponevano questa notizia, e a dire la verità non hanno neanche dato troppa importanza all'avvenimento): il PD si spacca. 


Davvero?!


Civati, colto da una clamorosa quanto poco inaspettata mania di protagonismo, memore delle grandi gesta di Bertinotti, Mastella e tanti altri, ha deciso che probabilmente uscirà dal PD, pur di non votare la fiducia ad un possibile governo Renzi


L'argomentazione, da Repubblica.it, è che:



"Si tratta di un governo politico a tutti gli effetti e con la stessa maggioranza di prima, che non rispetta il mandato elettorale".

Tutte parole assolutamente sagge. Renzi è incoerente, non è passato dal voto popolare (cosa che, torno a ripetere, non ha niente di illegale), ed effettivamente sembra un po' inutile cambiare Renzi con Letta senza cambiare le persone che lo sostengono (ovvero, l'unico scopo è che Renzi lo seguono, Letta non lo segue nessuno. Citando quella mente geniale di Belpietro: "Letta accarezza i problemi, non li risolve").


E poi sì, Civati, hai ragione a dire che è un governo politico e non di larghe intese, è vero. Ma pongo a te la stessa domanda che porrei ad un cittadino cinque stelle: perché?


Io mi chiedo perché dovete mettere i bastoni fra le ruote ad una bicicletta rotta?


E' inutile fare i protagonisti, i rivoluzionari di palazzo, in questo momento, perché che vi piaccia o meno, Renzi questo governo lo fa. E allora bisognava creare un'alleanza forte, che facesse riforme per questo paese, e che le facesse più di sinistra possibile.


Io capisco il loro ragionamento, di Civati, dei cinque stelle, che sostanzialmente afferma che per cambiare il paese, a questo punto, bisogna cambiare tutto. Bisogna eliminare completamente il vecchio.


Giusto, sono d'accordo con voi. Vi stringo virtualmente la mano. Ma, ora come ora, non bisognerebbe sbrigarsi per fare andare avanti questo paese


Voglio dire, io faccio i miei complimenti al M5S, che ha devoluto parte degli stipendi dei deputati e senatori per le piccole imprese, ma qui bisogna fare qualcosa di più. E non sono io a dirlo, ma non ci sarebbe neanche il bisogno di dirlo. Ha ragione Renzi quando dice che coloro che avevano votato il M5S si aspettavano di più da loro. E' vero, hanno avuto l'occasione enorme di fare riforme per questo paese, e allo stesso tempo di smascherare le ipocrisie della politica. Ma non l'hanno fatto. Perché?


Comodo stare all'opposizione?


Grillo mi da come l'impressione che cerchi di perdere più voti possibili. Sento ripeterlo che la gente non deve votarlo se non la pensa come lui. 


E se non lo fa per perdere voti peggio, lo fa perché effettivamente non gliene frega niente di migliorare le condizioni di vita di questo paese.




Federico Sconocchia Pisoni

mercoledì 19 febbraio 2014

L'incontro Renzi-Grillo

Non potevo esimermi dal commentare anche io questo evento mediatico, l'evento più importante e più breve del 2014.

Inutile stare a dire come è andato lo scontro fra i due leader, cosa che credo tutti sappiano (se non siete ancora a conoscenza della vicenda potete andare a rivedervi il video dello streaming, tanto dura poco), preferirei soffermarmi su alcune mie considerazioni.

Grillo è andato all'appuntamento con l'ex sindaco di Firenze per rappresentare la fascia più estrema del suo movimento. Questo è fuor di dubbio, non ha minimamente pensato di rappresentare anche coloro che erano più propensi alla chiacchierata con Renzi, ha pensato soltanto a vomitare tutto ciò che passa per la pancia del popolo che vota il suo movimento. 

Molti fra i 20843 che hanno  votato sì all'incontro con Renzi, non aspettavano altro che il loro leader (il "megafono") smascherasse "il Bomba" ad ogni proposta che avrebbe fatto. E credo che siano molti più di quelli che hanno votato sì soltanto per assistere al monologo di Grillo. 

Il sindaco però è stato subito molto chiaro, prendendolo forse in contropiede: "Non voglio chiederti la fiducia" ha detto. E questo può aver spiazzato Grillo.

L'ex comico non ha fatto altro quindi che vomitare addosso al premier incaricato tutto ciò che pensa della politica, dei poteri forti e quant'altro (punti già ripetuti spesso nella campagna elettorale, e non sto a giudicare se giusti o meno. Ovviamente il punto più forte era l'incoerenza di Renzi, sul quale non si può che essere d'accordo, oggettivamente).

Renzi dal canto suo, come al solito, ha reagito a questo preventivabile monologo con l'ironia ed una presunta saggezza, cercando di passare dalla parte del "salvatore della patria", di colui che si interessa dell'Italia, e non vuole stare a perdere tempo con troppi concetti ideologici (che siano di sinistra o pentastellati).

Dunque, chi è il vincitore? Chi è ha vinto il match dell'anno?

Secondo me è Renzi, per un semplice motivo.

Così facendo Grillo ha coeso ancora di più il nucleo elettorale del movimento, ma ha perso gli elettori che lo avevano votato soltanto per protesta, o che lo avevano votato per curiosità, o per disperazione. E siccome credo che siano stati tanti coloro che lo hanno votato per protesta, suppongo dunque anche che abbia perso molti voti.

Renzi se doveva perdere qualche voto lo aveva già perso prima accettando l'incarico. Inoltre non ha intenzione di prendere il voto del fascia più "estremista" del M5S, punta piuttosto ai moderati, e a prendere voti a Berlusconi. 

Renzi, per quanto gli si possa andare addosso, non è ancora entrato nei meccanismi del potere, della politica, dunque tutte le affermazioni di Grillo ("rappresenti i poteri forti" "sei un giovane vecchio" ecc ecc) per quanto forse azzeccate, non possono ancora essere collegate a Renzi. 

Alle domande post-streaming, all'affermazione di Grillo che diceva che Renzi gli aveva copiato mezzo programma, una giornalista gli ha chiesto se avessero votato in parlamento le proposte avanzate dal PD ( per l'appunto quelle "copiate" dal programma pentastellato). La risposta di Grillo è stata eloquente, e rappresenta sia il punto di forza che il punto debole del proprio movimento. La risposta effettivamente non c'è stata. 

Mentre Renzi vuole "costruire" qualcosa (andando incontro a incoerenze, logiche di potere), Grillo non vuole costruire, vuole solo distruggere, e poi vedere cosa fare.

Forse in questo momento c'è bisogno di fare riforme serie per non cadere nel baratro, e forse gli italiani vogliono proprio questo. E alla maggior parte delle persone non interessa se a fare le riforme c'è un "incoerente" (troppe volte è successo e succederà), vogliono arrivare a fine mese, a qualunque costo. 

O forse no?


Federico Sconocchia Pisoni

martedì 18 febbraio 2014

Perché Renzi (non) è Berlusconi

Le analogie ricorrono. 

Roberta Lombardi, deputata alla Camera per il Movimento Cinque Stelle, intervistata da Piazza Pulita mentre con il suo movimento protestava per l'incarico di governo affidato a Renzi, si è detta preoccupata per la piega che sta prendendo la situazione.

Infatti, continua, egli si pone come il "ghe pensi mi", il salvatore della patria. 

Concordando con la deputata, la situazione si è già vista da vent'anni a questa parte, e l'analogia non può che richiamare la figura di Silvio Berlusconi.

Secondo molti Matteo Renzi ha "resuscitato" Berlusconi politicamente chiamandolo per discutere della legge elettorale. 

Questo non ha fatto che ampliare la base di persone che vede nell'ex sindaco di Firenze un nuovo Berlusconi (opinione diffusa già da parecchio tempo, soprattutto in seguito alla visita ad Arcore nel 2010), e sicuramente il leader condannato per frode fiscale nel processo Mediaset, nutre una certa simpatia per il rottamatore, il "demolition man" del Financial Time.

Dunque la domanda sorge spontanea: Renzi è davvero un nuovo Berlusconi?

Per rispondere a questa domanda ho diviso la questione in due parti: la parte politica, e la parte "identitaria". 


La parte politica



A mio avviso fra i metodi di Renzi, e quelli  di Berlusconi c'è una voragine mostruosa. Renzi, secondo un modo di fare molto americano, è raro che attacchi duramente il proprio avversario, o chi non la pensa come lui, usando termini poco appropriati e "politically incorrect", e tende invece ad usare spesso l'ironia (come dimostra il "Fassina chi?"). 
Berlusconi, inutile ricordarlo, tende invece a "massacrare" l'avversario, sempre e comunque, spesso non pensando alle conseguenze delle accuse che gli rivolge (basti ricordare la diatriba con la Lega e contro Bossi alla fine degli anni '90, condita da insulti del tipo -cito dal Fatto Quotidiano “un uomo dalla mentalità dissociata”, “ladro di voti”, “pataccaro”, “cadavere politico”, “sfasciacarrozze” con il quale “non mi siederò mai più allo stasso tavolo”, che hanno portato poi all'alleanza nel 2001)

Un elemento in comune, però, c'è: entrambi usano spesso ripetere, ovunque vadano, gli stessi concetti fino all'esaurimento (soprassiederò ai temi berlusconiani per concentrarmi su quelli renziani). 

Mi viene in mente, ad esempio, un periodo qualche settimana fa, in cui Renzi non faceva che ripetere un aneddoto riportando sempre la seguente frase "Dio c'è, ma non sei te. Rilassati".
La cosa impressionante è che, ovunque vada, ripete gli stessi concetti sempre con le stesse parole, usando gli stessi identici termini, fino a quando il concetto non entra nella testa del telespettatore. E' una tecnica da televenditore, è una tecnica prettamente berlusconiana.

Altro punto in comune è la presenza fissa in televisione. Ancora nel 2014 è fondamentale presentarsi in televisione; il salto dalla TV alla rete, è ancora di là da venire (ovvero ciò che auspica il M5S, e sarebbe curioso indagare perché dai sondaggi si evince che il 10% degli italiani vuole Di Battista -del M5S- premier, soltanto perché ultimamente è andato in televisione).



La parte identitaria


Riguardo a questa parte, ho saputo soltanto trovare un punto in comune: il carisma. Entrambi hanno una presa sulla gente imparagonabile a qualsiasi altro leader (Grillo forse, ma non in quanto lui, bensì per le idee che propone), ed è un aspetto molto importante per vincere e governare in questo paese. Grazie a questa "dote", Berlusconi è riuscito ad avere un peso politico notevole da vent'anni a questa parte, superando scandali, processi e quant'altro. Tanto è vero che lo stesso Renzi, come già detto sopra, ancora ci parla per discutere delle riforme.



Conclusione


Renzi può superficialmente richiamare la figura di Berlusconi, per quanto appunto già detto, ma le differenze sostanziali rimangono. Non scordiamoci che, fino a prova contraria, Renzi è leader del PD (partito di centro-sinistra), mentre Berlusconi di Forza Italia (partito di centro-destra). Una differenza importante.


Federico Sconocchia Pisoni

lunedì 17 febbraio 2014

Renzi incaricato

Ora è ufficiale: Matteo Renzi è stato incaricato dal Presidente della Repubblica per formare un nuovo governo. Dopo un colloquio durato poco più di mezz'ora, ha parlato alla stampa delineando un'agenda molto precisa per i prossimi mesi. Oggi incontrerà i presidenti di camera e senato, poi andrà a Firenze per sbrigare pratiche amministrative, ed infine tornerà a Roma stasera. Domani inizieranno le consultazioni formali.

Renzi prevede entro il mese di febbraio un lavoro urgente sulle riforme costituzionali ed elettorali, a Marzo la riforma del lavoro, ad aprile la riforma della pubblica amministrazione, e a maggio il fisco.

Quello che mi sento di dire è che  posso apprezzare lo sforzo di essersi messo in gioco. Indubbiamente deve spiegare questa sua incoerenza (inutile ribadire che più volte ha detto di non voler togliere l'incarico a Letta, per sintetizzare ricordo soltanto l'hashtag #enricostaisereno) e probabilmente, con questa scelta, ha perso tanti voti. Ha assunto un comportamento da vecchia politica, che forse, oggi come oggi, è un po' demodè. 


Ha delineato un'agenda molto puntuale, che se riuscirà ad attuare potrà volgere a suo favore nelle prossime elezioni. Il guaio è che probabilmente con questa maggioranza sarà difficile fare ciò che vuole fare, Alfano ancora non si capisce cosa voglia trarre da questa situazione, e come al solito ci sono le solite rotture all'interno del PD.

Non è fuori di discussione il fatto che possa aver bruciato la sua figura politica con questa scelta. 


MOVIMENTO CINQUE STELLE



Al contrario dei M5S, Matteo Renzi si è buttato dentro, lui dice per il bene del paese (sono scettico, ma magari lui ci crede davvero, dipende tutto da quello che farà nei prossimi mesi) cosa che, appunto, i cinque stelle non hanno fatto, preferendo la coerenza. 


E in tutto ciò, cosa ne pensano gli italiani?


Non scordiamoci che probabilmente in questi momenti di crisi politica (ed economica) che ricordano molto gli inizi degli anni '90, il paese vuole un uomo che risolva i problemi, sebbene sia incoerente. Diciamo che in questi ultimi anni abbiamo avuto ampia dimostrazione di ciò.


domenica 16 febbraio 2014

Il "golpe" Renzi?

"Golpe!"


Questo è il termine più usato-ed abusato- in questi giorni (soprattutto dal M5S), riferito all'ascesa di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e segretario del PD, a palazzo Chigi.

Ho sentito tante volte dire questa parola: "golpe". Questa volta ho preso il coraggio a due mani e sono andato a cercare sul vocabolario il significato di questo termine (sì, uso ancora i vocabolari).

Gòlpe: [letteralmente "colpo", sottinteso De Estado (di stato)]  Colpo di stato, specialmente quando sia attuato dagli alti ufficiali delle Forze Armate in un paese dell'America Latina.

Ecco, siamo diventati sudamericani e neanche ce ne eravamo accorti. Hasta la vista!

A parte gli scherzi, per golpe di stato si intende, per l'appunto, un colpo di stato, ovvero quando in un paese si insedia un governo illegalmente.

Era ovvio che qualcuno avesse gridato al "golpe" in questi giorni; e se qualcuno ha usato tale termine soltanto per enfatizzare lo stato attuale delle cose, molti altri seguendo tale scia, hanno creduto che veramente ci fosse in atto un colpo di stato mascherato.

Dopo tutta questa riflessione mi è venuto in mente di ripetere qualcosa di banale, qualcosa che già altri hanno detto nelle ultime ore. So che a qualche movimento ciò possa non piacere, ma non siamo in una democrazia diretta, ma parlamentare, dunque non è il popolo che decide chi è il Presidente del Consiglio, ma le camere (composte da senatori e deputati). Quelli sì, eletti dal popolo.

Volendo esagerare a mia volta, in maniera paradossale si può affermare che il vero colpo di stato ci sarebbe stato se il popolo avesse eletto direttamente il Presidente del Consiglio.

Però queste voci, io posso comprenderle. Già una volta era successa una cosa simile, protagonista l'acerrimo nemico di Renzi, Massimo d'Alema, nel 1998. 

E la situazione è simile. Un compagno di partito ha progettato di far cadere il governo del suo stesso partito per avere, detto grossolanamente, potere

Un'unica differenza però. All'epoca non c'era il "governo delle larghe intese". Dunque, a mio avviso, la situazione era più grave, perché nel 1998 non c'era il minimo bisogno di far cadere il Governo Prodi I. Ma questa è tutta un'altra storia...

Inoltre queste sono supposizioni. E' legittimo pensare che Renzi abbia voluto questa "svolta" perché pensa di poter aiutare veramente il paese.


Le spiegazioni della "staffetta"



Sì, è vero, questo passaggio, questa "staffetta", potrebbe sembrare qualcosa di losco, e ad alcuni può far paura anche. 

Personalmente non approvo questa situazione, e pur non ritenendomi elettore PD, ritengo che sia stata una mossa avventata quella di Renzi, forse era meglio passare per le urne... o forse no?

Infatti i sondaggi dicevano che se si fosse andati alle elezioni, non sarebbe stato il partito di Renzi a vincere, ma la compagine di destra, guidata dal leader- non leader Silvio Berlusconi.

L'unica spiegazione che si può dare, dunque, è che Renzi voglia andare alle prossime elezioni (2014? 2015? 2016? 2017? 2018?) con qualcosa in mano, facendo vedere che lui è la persona che effettivamente può cambiare le cose in questo paese.

Inoltre c'è chi sostiene che abbia deciso ora, proprio ora, di far cadere il governo ed insediarcisi, per poter presiedere alla presidenza del consiglio Europeo (ricordo che la presidenza -citando Wikipedia-: 


consiste nella responsabilità di gestire e coordinare il funzionamento del Consiglio dell'Unione europea nelle sue varie formazioni. Tale carica ruota ogni sei mesi tra i diversi stati membri dell'Unione europea e non è ricoperta da una singola persona, ma è esercitata dall'intero governo del Paese che detiene la presidenza di turno).

Forse perché mosso da un vivo desiderio di cambiare l'Europa? Di uscire definitivamente dalla morsa ideologica (e fallimentare) dell'austerity?


Il tempo darà le sue risposte, per ora la situazione è troppo confusa. Speriamo solo che non venga a Roma in treno come fece Mussolini. Sarebbe un assist troppo grande per i "complottisti"


Federico Sconocchia Pisoni